Premessa
C’ era
una volta, (al tempo in cui Georgia Lepore cantava " Un
milione di anni fa o forse due…") un bambino che, come
molti della sua età, amava i cartoni giapponesi…
Era il
tempo in cui, sulle TV nazionali e locali, questi ultimi
imperversavano, liberi di volare nell’etere televisivo e
di riversarsi, a qualunque orario, sui nostri
teleschermi; un’autentica, pacifica invasione che un
malaugurato giorno qualche ottusa mente volle fermare!!!
Quel
bambino aveva già vissuto intensamente il primo periodo
dell’"invasione"… il 1978 (anno di Grazia) era già un
ricordo e la nostra storia è ambientata circa tre o
quattro anni dopo.
In quel
periodo le serie robotiche che avevano avuto accesso
alla nostra ridente penisola erano già molte, forse
troppe e il "nostro" bambino pensava che sul tema fosse
già stato detto tutto; invece… come un fulmine a ciel
sereno, una nuova serie robotica avrebbe lasciato un
segno indelebile sulla sua ancor giovane vita.
Si
trattava di un cartone " lunare " nel senso che si fece
ammirare una sola volta (almeno nella sua zona) e solo
grazie ad una emittente locale, per poi nascondersi,
come la Luna, oltre le nubi che, minacciose, si andavano
addensando nel cielo degli "anime"… si trattava di
nuvoloni sospinti, ad arte, verso il regno televisivo
delle anime da un vento gelido che scaturiva dalle menti
di alcuni beceri psicologi, sociologi, nonché genitori
che nascondevano il loro vero scopo, di carattere
meramente censorio, dietro false, pretestuose finalità
di natura tutoria o educativa.
Gli
appassionati più "maturi" sanno bene come si concluse la
vicenda… per i più giovani, mi limito a riferire che il
barbaro e vile attacco dei suddetti "cervelloni" andò a
buon fine; iniziò un periodo lungo e oscuro per gli
appassionati: ad uno ad uno i cartoni giapponesi furono
estromessi dal panorama televisivo o, nella migliore
delle ipotesi, furono deturpati, umiliati e rinchiusi
nelle fredde gabbie della censura. Si tentò con un
insulso e subdolo lavaggio del cervello di cancellare
tutto, anche il più vago riferimento alla cultura
giapponese e fu così che quel bambino fu privato del
piacere di rivedere (anche solo una seconda volta)
quella serie robotica, quella falce di Luna che subiva
un ingiusto esilio al di là delle dense nubi…però i
ricordi, quelli più cari, nessuno potrà mai sottrarceli
e quel cartone era ormai custodito, come un prezioso
gioiello, nello scrigno della sua memoria.
Da quei
fatti sono passati più di 16 anni ed è questo il tempo
in cui il protagonista della nostra storia, ormai non
più bambino, ha notizia della pubblicazione del " suo "
cartone da parte di una nota casa bolognese… dopo tanto
tempo la falce di Luna aveva squarciato la coltre delle
tempestose nuvole… era l’inizio di una nuova "età
dell’oro" per gli appassionati ?! Così il ragazzo (sono
io se non si fosse capito) si precipita (non
esattamente: dovette aspettare del tempo prima di
potersi procurare la serie, di seconda mano, a un prezzo
"giusto" per le sue tasche… la serie della Dynamic è
tanto curata quanto esosa) ad acquistare quel cartone e
lo rivede tenendo inchiodata la mente a quel giorno di
16 e più anni prima, giorno lontano, ma rimasto scolpito
nella sua memoria, in cui, ancor bambino, con i
lucciconi agli occhi, era rimasto impietrito di fronte
alla TV nell’ammirare lo splendido e sconvolgente finale
de….
"L’INVINCIBILE ZAMBOT 3".

La trama in generale
Se
considerata in modo superficiale e sommario, la trama di
Zambot è quanto di più scontato e banale possa esistere:
ci sono gli alieni cattivi che giungono dallo spazio ed
attaccano la Terra con lo scopo di sterminare la razza
umana, ci sono i buoni anch’essi provenienti dallo
spazio e c’è il componibile robot gigante, pilotato da
tre ragazzini, che si erge a difesa dell’umanità; di
episodio in episodio, Zambot combatte e sconfigge
puntualmente il robot nemico… tutti temi già ampiamente
trattati da precedenti serie robotiche; se a tutto ciò
aggiungiamo una realizzazione tecnica dell’opera che
rivela chiaramente, nella povertà delle animazioni, la
scarsezza delle risorse economiche impiegate (del resto
è una serie prodotta su commissione di una TV di Nagoya
nel lontano 1977) …
Considerato tutto ciò, ne risulta una serie non
appetibile per il grande pubblico, una serie che punta
tutto sulla sostanza e praticamente nulla sulla forma.
Sembra
impossibile, ma è proprio da questo abusato canovaccio
che il geniale regista Yoshiyuki Tomino riesce a trarre
un’opera che si distingue proprio per la sua assoluta
originalità; senza contare che Tomino comincia così a
farsi conoscere, mentre la gloria e la fama arriveranno,
per lui, negli anni immediatamente successivi con due
grandi capolavori: Daitarn III (1978) e Gundam (1979).
Se
vogliamo analizzare più nel dettaglio la trama di Zambot
(e ciò è indispensabile per poter apprezzare appieno
l’opera), i primi 3 episodi (dei 23 complessivi, si
tratta quindi di una serie molta breve) sono, a mio
avviso i più brutti e noiosi…l’inizio di Zambot è, a dir
poco, in sordina, però praticamente tutti i difetti di
questo cartone si concentrano e si esauriscono in questi
stessi episodi che adempiono alla funzione di
necessaria, ma noiosa, introduzione dei personaggi e
delle vicende in genere.
Al
centro dei fatti sta la famiglia Jin (tra l’altro
numerosissima e quindi tralascio l’elencazione di tutti
i suoi membri; ci sono anche altre 2 famiglie, sempre
tutte legate tra loro da vincoli di parentela: quella
dei Kamie e quella dei Kamikita) una famiglia
proveniente dallo spazio, dal lontano pianeta Biar, di
origine aliena quindi, ma trapiantata, ormai da lungo
tempo, in un piccolo villaggio di pescatori, in
Giappone.
Fanno
presto la loro comparsa i cattivi, i Gaizok, già
responsabili della distruzione del pianeta Biar e che
ora (neanche a farlo apposta) cominciano a sferrare i
loro attacchi proprio nei pressi del succitato villaggio
di pescatori. La famiglia Jin, però aveva previsto
tutto…
Sarà
così che gli attacchi nemici saranno sempre respinti
grazie alla abilità, al coraggio e al valore di 3
ragazzini, 3 cugini: Kappei Jin, Uchuta Kamie e Keiko
Kamikita; questi 3 ragazzi (o meglio, forse, bambini) si
porranno alla guida di altrettanti mezzi meccanici che
fungono da moduli in grado di combinarsi e di formare
così (indovinate un po’??? R. Il mago Zurlì!! NO! R.2 Un
essere metà uomo e metà Michele Santoro!! NO!! Basta!!
Mi sono inca**ato e non ve lo dico, tanto non lo
scoprirete mai!!! Bwwaa…) Zambot 3 (sono buono, in
fondo, e vi ho fatto questa sconvolgente
rivelazione!!!); un robot che si muove grazie all’enorme
energia sprigionata dal suo motore a ioni il quale entra
in funzione solo quando la "combination" dei tre moduli
è attiva.
Lo stesso tipo di motore muove anche il King Biar a sua
volta composto da 978 moduli dei quali procedo ad
elencare dettagliatamente le caratteristiche (scherzo!!
Naturalmente non potevano essere che tre, chiamati in
modo originale: "One", "Two" e "Three"); il King Biar
costituisce la base operativa dalla quale Ichitaro e
Hisaemon, rispettivamente fratello maggiore e nonno del
protagonista Kappei, forniscono il loro aiuto morale
(tattiche di guerra) e materiale (missili e il
potentissimo cannone a ioni) ai tre protagonisti
impegnati in dure battaglie contro i vari Mecha Burst
(questo è il nome generico di tutti i robot dei Gaizok).
I
personaggi principali e i mezzi meccanici.
KAPPEI
JIN
È il protagonista della storia; pilota lo Zambird, una
piccola astronave capace di trasformarsi in un piccolo
robot lo Zambot Ace. Tra le armi dello Zambird,
ricordiamo un fucile mitragliatore (Bird Gun) e un
raggio che viene emesso da una sorta di parabola (Tremble
Horn); mentre, tra le armi dello Zambot Ace, merita
menzione la Zambot Magnum che viene lanciata, insieme
alle munizioni, come componente (Miwa docet!!) dallo
Zambase, il mezzo pilotato dalla cugina Keiko.
Naturalmente, quando la "combination" è "IN" (=
attivata), Kappei assume i comandi dello Zambot 3, il
gigante di metallo che combatte servendosi di due
tridenti (Zambot Graps) i quali, con l’unione dei
manici, si tramutano, secondo gli ordini (vocali??) di
Kappei in una spada (=Zambot Cutter) o in una terribile
lancia a sei punte (3 per lato) lo Zambot Blow. Si
possono ricordare poi, tra le armi, gli Zambot Boosters,
dei grossi shuriken (si scriverà così???) con missili
incorporati e collocati sulla parte esterna delle
ginocchia del robot. Infine, l’arma più potente, quella
con cui Kappei finisce (spesso, ma non sempre) gli
avversari: il Moon Attack, simile, per presenza scenica,
all’attacco solare di Daitarn.
Dal
punto di vista della personalità, il Kappei che
conosciamo nelle prime puntate, ragazzino dodicenne,
spensierato, un po’ spaccone, sempre pronto ad
azzuffarsi con i coetanei abitanti del villaggio di
pescatori presso cui abita, un Kappei che usa lo Zambot
quasi come un giocattolo da mostrare con orgoglio alle
amiche di sempre Aki e Michi
e che prende la stessa guerra come un gioco; dicevo,
questo Kappei non esiste più negli episodi finali della
serie animata: la guerra contro i Gaizok porta via con
sé, ad uno ad uno, i familiari e gli amici più cari del
protagonista ed inevitabilmente cancella per sempre la
spensieratezza dall’animo del ragazzo, costretto, dalle
profonde ferite inferte dai molti dolori, a maturare in
fretta (molto più di quanto sarebbe richiesto dai suoi
12 anni). In definitiva, Kappei non nasce eroe,
cavaliere senza macchia e senza paura, come un Actarus o
un Hiroshi Shiba, ma lo diventa solo nel corso della
serie.
UCHUTA
KAMIE
È il quindicenne pilota dello Zambull, una sorta di
carro armato, equipaggiato con potenti missili, capace
anche di volare e di muoversi sott’acqua. Nella "combination"
lo Zambull va a comporre la parte centrale del robot (il
tronco e le braccia).Uchuta è un ragazzo molto
intelligente, è lui che spesso suggerisce a Kappei come,
dove e quando sferrare gli attacchi contro i Mecha Burst,
rivelandosi un autentico stratega. Nel corso della serie
dovrà prima riconoscere la maggiore abilità di Kappei e
quindi il ruolo di leader della "squadra-Zambot" di
quest’ultimo e in seguito, dovrà subire un’ingiusta
umiliazione a causa del comportamento ottuso, egoista,
ma, al tempo stesso, molto umano della madre Sumie, più
preoccupata della sua casa di Tokyo che delle sorti
dell’umanità. Gli attriti e le incomprensioni con Kappei,
le frecciate ironiche e sarcastiche che Uchuta gli
rivolge circa il modo un po’ rozzo (ma efficace) di
pilotare lo Zambot 3, lasciano il posto, nel susseguirsi
delle vicende, a sentimenti di sincera amicizia e di
ammirazione per le doti del più giovane cugino.
Nell’indimenticabile finale della serie, il ruolo di
Uchuta è decisivo: sono sue le intuizioni e le eroiche
iniziative che consentono di fronteggiare la superiorità
bellica dei Gaizok.
KEIKO
KAMIKITA
Questa ragazza ha solo 14 anni, ma le sue parole e i
suoi comportamenti rivelano una straordinaria maturità.
Si pone, con coraggio ed abnegazione alla guida dello
Zambase, un veicolo da ricognizione armato in modo
alquanto leggero (ricordo il "Base-laser"). Il velivolo
di Keiko si combina con quelli dei cugini e va a formare
le gambe dello Zambot 3. Importantissimo è il ruolo di
Keiko nelle battaglie sia perché si occupa delle
comunicazioni tra lo Zambot e il King Biar sia perché
quasi tutte le armi del robot sono trasportate dal suo
mezzo volante.
La
psicologia del personaggio è complessa: Keiko, molto
legata alla sorella Kimiko e al nonno Hisaemon, ama il
tiro con l’arco e i cavalli, dato che è nata e cresciuta
in una fattoria. La sua spiccata sensibilità la porta a
soffrire più degli altri per il comportamento che i
terrestri assumono nei confronti suoi e della sua
famiglia, in particolare quando questi ultimi rifiutano
sprezzantemente ogni tipo di aiuto da parte
dell’equipaggio del King Biar. Nel
finale Keiko sfodera un’energia inaspettata e riesce
finalmente a dare sfogo (ma a che prezzo!!!) alla sua
innata generosità.
 SHINGO
KOZUKI E IL SUO TEAM
Kozuki è il leader di una banda di mocciosi (Kozuki-team),
tra i quali ricordo Hamamoto per il suo ruolo
fondamentale in una delle puntate più dense di pathos
dell’intera serie, la numero 17. Shingo ha una
personalità molto forte che lo porta ad entrare subito
in competizione con Kappei; quest’ultimo diventerà prima
l’acerrimo nemico e poi il migliore amico di Shingo il
quale solo nelle ultime puntate comprenderà chi è il
vero nemico nonché responsabile della scomparsa della
madre e della sorella.
KILLER
THE BUTCHER
È il generale delle armate Gaizok. Tanto stupido quanto
crudele, si presenta come il vero cattivo, mentre solo
nella penultima puntata si capisce che il meschino
Bucher non è altro che un volgare robot che si limita ad
eseguire gli ordini del Male assoluto (o forse del Bene
assoluto???): la vera identità del Supremo Gaizok è
mille volte più terrificante.
Per dar
conto della crudeltà di Butcher basti ricordare che in
un episodio dopo aver invitato i governanti della Terra
nella sua fortezza, la Bandok, li cattura a tradimento,
li lega ciascuno ad un pallone aerostatico, facendoli
fluttuare in cielo e poi si diverte a giocare al tiro al
bersaglio!!! (dite, forse, che molti politici italiani
meriterebbero analogo trattamento? Forza, Butcher, siamo
con te! In Italia la campagna elettorale è aperta e
quindi anche la stagione della tua amata caccia al
governante!).Infine non si può non ricordare la vile
strategia della tensione realizzata attraverso le
bombe-uomo.
I
Terrestri contro Zambot
A
partire dal terzo episodio, il regista Tomino comincia a
scoprire le carte, introducendo nella serie un tema che
sarà sviscerato nel corso dei successivi episodi: il
tema dell’odio dei Terrestri verso i Jin.
Quando
infatti le armate Gaizok rivolgono la loro furia
devastatrice contro i civili, questi ultimi individuano
nell’equipaggio del King Biar il vero nemico, il vero
responsabile di tanti lutti e di tante catastrofi. La
voce che si diffonde tra la gente dice che i Gaizok
hanno attaccato la Terra solo perché alla ricerca dei
Jin, i cui antenati erano sfuggiti al massacro operato
dagli stessi Gaizok sull’antico pianeta Biar.
Kappei
rischia la lapidazione nel vano tentativo di far
comprendere alla gente e agli stessi suoi concittadini e
amici (tra cui Aki, Michi, Shingo e i compagni di quest’ultimo)
che i Gaizok avrebbero ugualmente attaccato la Terra e
che la sua famiglia è invece impegnata in una disperata
difesa dell’azzurro pianeta.
I
Terrestri, oltre che male informati, sono stremati nel
corpo e nell’anima dalle dure conseguenze della guerra,
privati dei loro cari e delle loro case, ridotti al
misero stato di profughi che si muovono in lunghe e
grigie colonne. In queste condizioni essi non possono
non provare un profondo rancore verso i Jin. Gli aiuti
di carattere sanitario ed alimentare offerti da quelli
del King Biar vengono così rispediti al mittente con
fierezza e disprezzo.
Alla
sofferenza dei Terrestri si aggiunge quella dei Jin
colpiti dall’umana ingratitudine dei Terrestri stessi e
accusati di colpe non loro.
Tra
questi Terrestri molto provati dalle vicende belliche ci
sono Aki e Michi, due amiche di vecchia data del
protagonista Kappei, ma c’è soprattutto Shingo Kozuki:
costui perderà la madre e la sorellina Kaoru ed imputerà
proprio a Kappei e al suo Zambot la colpa di queste
tragedie. Tutte queste vicende sono mirabilmente
narrate, con ritmo serrato, nel corso dello splendido
quinto episodio, significativamente intitolato "Un mare
colmo di rabbia" (e qui si vede la mano del grande
Yoshinori Kanada).
La
piccola Kaoru, per lungo tempo ritenuta morta, farà
invece nuovamente la sua comparsa nell’ultimo episodio
quasi a personificare la Speranza, a lungo ritenuta
persa e infine, ritrovata.
Ricordo
che il tema della lotta a favore di chi non può o non
potrebbe capire è alquanto raro in assoluto e anche nel
settore dell’animazione giapponese; nell’ambito di
quest’ultima e sotto questo punto di vista, merita
menzione un grande classico: "Kyashan, l’androide
immortale".
Bombe-uomo e campi di concentramento
Un
altro aspetto che contraddistingue la serie è il
realismo e la crudezza con cui sono narrate le vicende
belliche. Lo strumento del cartone animato si dimostra
idoneo a presentare temi forti, impegnativi e talora
persino sgradevoli per il grande pubblico.
La
crudeltà dei Gaizok non ha limiti ed essi ricorrono
all’espediente di catturare degli indifesi civili e di
impiantare all’interno dei loro corpi, nelle loro
schiene delle irremovibili bombe a tempo; gli impiantati
vengono poi liberati ed invitati a sparpagliarsi nelle
zone più densamente popolate in modo tale che la loro
morte possa provocare il maggior danno possibile. Ma a
scioccare lo spettatore non è tanto la pur ferocissima
strategia del terrore adottata dai Gaizok, quanto il
fatto che essa mieterà le sue vittime anche tra gli
amici di Kappei; a subire quest’atroce esecuzione
capitale sono personaggi che lo spettatore ha imparato a
conoscere nel corso della serie, soggetti che hanno una
loro distinta individualità.
I
Gaizok si impadroniscono di alcuni campi profughi e li
trasformano in altrettanti campi di concentramento dove
procedono all’impianto delle bombe. Kozuki e i suoi
amici cadono nella trappola e l’intervento di Kappei non
riesce ad impedire che Hayashi e Hamamoto, due membri
del Kozuki-team, vengano trasformati in uomini-bomba.
Agghiacciante è pure il modo in cui gli impiantati
vengono a conoscenza della loro condizione: dato che la
loro memoria non conserva traccia dell’operazione
subita, è solo una cicatrice a forma di stella, che
brilla sulla schiena come una sentenza di morte
definitiva, a rivelare l’inaccettabile realtà.
Il
finale della diciassettesima puntata è ci mostra la fine
di Hamamoto. Questo ragazzino, il cui destino è ormai
segnato (Un destino è stato scritto per lui e le "selle"
non si sbagliano mai… n.d. Babil Junior), prova a morire
da eroe incamminandosi verso luoghi isolati insieme agli
altri uomini-bomba, ma la situazione è molto più grande
di lui, non può accettare di morire come un cane,
lontano da tutti in un posto che non conosce: il terrore
lo assale…invoca l’aiuto dei defunti genitori, urla
contro l’ingiusta morte che inesorabile si avvicina…
L’esplosione che scaturisce dall’interno del suo corpo è
il simbolo dell’impotenza dell’equipaggio del King Biar
a fermare le atrocità della guerra. A Kappei non resta
che versare amare lacrime le stesse che verserà quando i
Gaizok metteranno le mani sulla sua amata Aki.
Memorabile la struggente considerazione di Kappei: "Aki,
la tua vita è durata come il soffio di una candela nel
vento; sembra che tu sia venuta al mondo solo per essere
uccisa dai Gaizok" (pura poesia!!). Ricordo agli amanti
di Evangelion ep.5 e 6 (tra i quali c’è anche il
sottoscritto), la scena in cui Kappei si ustiona le mani
appoggiandole alla porta stagna del King Biar resa
incandescente dall’esplosione che si è generata dal
corpo di Aki. Qui, però, ad attendere il protagonista
non c’è l’abbozzato ed affascinante sorriso di Rei
Ayanami, ma solo un inquietante brandello del pigiama
della piccola amica d’infanzia di Kappei.
L’indimenticabile
finale
Il
finale di Zambot è davvero sconvolgente: il King Biar e
lo Zambot 3 si lanciano nello spazio all’inseguimento
della fortezza nemica, l’imponente Bandok. Lo scontro è
terrificante e molti dei membri della famiglia Jin
sacrificano la loro vita scagliandosi in attacchi
kamikaze contro la base nemica che pare inespugnabile.
Quando il King Biar viene ridotto all’impotenza, tutte
le speranze si concentrano sullo Zambot 3, i ripetuti e
disperati attacchi di Kappei, Uchuta e Keiko riescono
solo a danneggiare gravemente la Bandok, mentre i
potentissimi raggi di quest’ultima privano lo Zambot
prima di una gamba e poi di entrambe le braccia!! Il
robot, il paladino della giustizia, l’eroe di tante (23
??) puntate è a pezzi, è distrutto!! Uchuta e Keiko
disattivano la combination e decidono di schiantarsi con
i loro moduli contro la Bandok, facendo esplodere il
motore a ioni di quel che resta dello Zambot. Kappei, ai
comandi del suo Zambot Ace, assiste stravolto all’eroica
morte dei suoi amici. L’incubo per Kappei sembra non
finire mai: la Bandok resiste e il misterioso supremo
Gaizok continua a nascondersi al suo interno. Kappei si
catapulta col suo piccolo robot dentro la base nemica e
qui scopre la vera e terrificante identità di Gaizok:
questi non è altri che un computer programmato per
individuare ed eliminare ogni creatura animata da
cattivi propositi.
Il
dialogo tra Kappei e il computer dell’ottava
generazione, cioè Gaizok è profondo e toccante: alle
fredde argomentazioni logiche di Gaizok che assume di
aver agito a fin di bene,
Kappei
non può ribattere in modo razionale, ma solo cedendo
alle sue emozioni. Kappei è il vincitore, ma, a giudizio
di Gaizok, quando tornerà sulla Terra, nessuno tra gli
abitanti dell’azzurro pianeta proverà nei confronti suoi
e della sua famiglia un sentimento nobile come quello
della gratitudine, nessuno accoglierà mai Kappei e i Jin
con affetto e con gioia …molti dei componenti della
famiglia Jin hanno sacrificato la vita, ma chi ha
chiesto loro di pagare un prezzo così elevato?
Gaizok
si autodistrugge tentando di schiantarsi sulla Terra e
solo l’estremo sacrificio degli ultimi membri
dell’equipaggio del King Biar permette la salvezza del
pianeta e anche di Kappei il quale precipita, a bordo di
uno Zambot Ace ormai in pezzi, proprio nel mare, nella
baia di Sunga dov’era iniziata la sua avventura.
   
Qui un
commovente Kappei, privo di sensi, con la testa
appoggiata sulle gambe della piccola Michi, amica di
sempre, riceverà anche il caldo abbraccio della folla
festante e riconoscente…i sacrifici non sono stati vani,
le previsioni di Gaizok non si sono avverate e i colori,
dal volto di Kappei, si dissolvono in un finale senza
tempo.
 
Un
inevitabile confronto e considerazioni finali

Sono
molti gli elementi che accomunano Daitarn e Zambot tra
cui la casa di produzione (Sunrise), il regista
(Tomino), l’autore delle musiche (Takeo Watanabe), gli
stessi titoli originali sono molto simili, come
caratteristica comune è la ricorrenza del numero 3.
Tuttavia, nonostante le molteplici analogie che si
possono rinvenire, a mio avviso, queste due opere sono
molto diverse ed assumono le stesse caratteristiche
rispettivamente del Sole e della Luna.
Daitarn
III è un cartone aperto, divertente, solare, Zambot è un
cartone cupo, malinconico e disperato. Daitarn è come il
Sole che regala a tutti gli uomini indistintamente la
sua luce e il suo calore; non occorre prestare
attenzione al cielo perché i caldi e un po’ invadenti
raggi solari testimoniano da soli la costante presenza
del luminoso astro. Zambot è invece come la Luna: ama
nascondersi e si concede solo a chi sa volgere lo
sguardo verso il cielo stellato. Ma nella memoria degli
appassionati che da piccoli ebbero la fortuna di
ammirare Zambot, i pallidi raggi lunari hanno disegnato
una "Z" che rimarrà in eterno, la "Z" di… (di Zorro?, di
Zurlì, il mago del Giovedì?…).
In una
cosa però Zambot differisce dalla Luna: nel firmamento
degli anime Zambot è una stella che brilla di luce
propria; quella stessa stella verso la quale i
protagonisti della serie volgono lo sguardo
nell’immagine che fa da sfondo alla melodica sigla
finale. Questa sigla già svela ai (pochi) conoscitori
della lingua giapponese il senso dell’intera opera:
"Stella
del cielo,
noi non
ritorneremo,
addio,
addio…
Non ti
rivedremo più,
però è
inutile piangere…[…]
Splendi, stella di tutti noi!
Splendi…per sempre".
"Dottor
Inferno" alias Ignazio |